Scuola, otto precari vincono la battaglia

Precario nella scuola pubblica trascina il ministero dell’Istruzione in tribunale e lo fa condannare a risarcire danni per mezzo milione di euro a lui e ad alcuni suoi colleghi per “la reiterazione illecita di contratti annuali a termine” iniziati più di vent’anni fa.
Il giudice monocratico Carla Ponterio ha riconosciuto a Vincenzo Brancatisano, professore di Diritto ed Economia politica all’Itc Barozzi, quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale come risarcimento danni per “illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro”; gli scatti di anzianità maturati e dunque un corposo aumento di stipendio fin da subito, nonché le ingenti differenze retributive tra quello che è stato percepito negli anni e quello che avrebbe dovuto essere percepito.





Con Brancatisano hanno ottenuto giustizia altri sette professori, tutti assistiti dall’avv. Maria Grazia Pinardi, giuslavorista del Foro di Bologna, che per anni (qualcuno anche solo quattro) sono stati assunti il primo giorno di scuola e licenziati il 30 giugno di ogni anno. A spingerli a fare causa il libro dello stesso Brancatisano “Una vita da supplente”, edito da Nuovi Mondi.
Nel volume, 350 pagine, Vincenzo Brancatisano ha tracciato i molteplici e incredibili aspetti della situazione di “apartheid contrattuale” in cui versano centinaia di migliaia di insegnanti, bidelli, tecnici e amministrativi assunti e licenziati a ripetizione, pagati sempre con lo stipendio di prima nomina e lasciati senza lavoro d'estate in attesa della puntuale riassunzione a settembre.
«Non c'è solo l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori” commenta oggi Brancatisano, riferendosi a governo e sindacati. Al primo, che ha resistito inutilmente in giudizio e che a giorni altermi emana norme che rendono sempre più folle il sistema di reclutamento dei docenti. Ai sindacati, ai quali il libro non risparmia critiche come quelle che ruotano attorno alla babele di discriminazioni tra i lavoratori di ruolo e quelli a tempo determinato annuale, contenute nelle leggi ma anche nei contratti collettivi firmati dalle associazioni sindacali. «Se si è costretti ad arrivare al processo civile - commenta Brancatisano - per ottenere l’eliminazione di disparità di trattamento diffusissime che violano i più elementari principi del diritto italiano e comunitario, vuol dire che la contrattazione collettiva serve solo a chi è già protetto e che i sindacati si sono quanto meno distratti negli ultimi decenni sul tema del precariato. Ma c’è un giudice a Berlino, anzi a Modena». La tesi dell’autore, che ha spinto migliaia di precari della scuola in tutta Italia a far causa, è che l’eccessiva reiterazione dei contratti di lavoro a termine nella scuola pubblica sia illegittima e meriti una triplice sanzione a carico del datore di lavoro-Stato: la trasformazione per via giudiziale del contratto a termine in uno a tempo indeterminato; il risarcimento dei danni subiti per l’illecita reiterazione; il riconoscimento degli scatti di anzianità, con conseguente adeguamento dello stipendio con efficacia retroattiva.
I precari della scuola, infatti, anche se assunti con incarico annuale rinnovato per decenni, percepiscono lo stipendio di prima nomina nonostante svolgano le stesse mansioni dei colleghi di ruolo e siano abilitati grazie a uno o più concorsi pubblici superati.
Il giudice modenese non ha riconosciuto la trasformazione del contratto, ma un risarcimento concreto a compensazione della mancata stabilizzazione, come previsto dalla normativa del 2001. «Ma quanti lavoratori della scuola - si chiede Brancatisano - sono stati informati in questi 11 anni che esiste il diritto al risarcimento in cambio della non trasformazione del contratto? In ogni caso, con questa sentenza viene meno il movente finanziario che spinge lo Stato a mantenere nel precariato un esercito di lavoratori: se deve pagare danni e aumentare lo stipendio come sarebbe normale, gli conviene stabilizzare il personale: se ne gioverebbero anche gli studenti. Che invece assistono ogni anno al solito valzer di maestri e professori precari, sballottati da un istituto all’altro».

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