I principi ispiratori dell’INVALSI sono opposti a quelli sull’integrazione

Intervento letto al Collegio Docenti dell'I.C. "Marta Russo" di Roma il 30 novembre 2011

di Patrizia Ercoli

La sottoscritta Patrizia Ercoli, docente presso codesto Istituto Comprensivo, dichiara la sua posizione rispetto alla somministrazione delle prove nazionali INVALSI.

Molti miei colleghi sono contrari alla prova in oggetto in quanto risulta particolarmente oneroso, oltre che insulso, correggerne gli elaborati. Oneroso e insulso semplicemente perché le prove sono strutturate in modo tale che un qualsiasi lettore ottico potrebbe fare il lavoro di correzione più rapidamente e meglio. Ma perché quando si ha a disposizione della manovalanza a costo zero?


Io parto da molto più lontano. Sono una docente di sostegno non per ripiego ma in quanto assolutamente convinta della validità, dell’efficacia e dell’attualità della legge sull’integrazione scolastica della quale, in Europa,  siamo  genitori unici. Di questa legge si può dire che è male attuata, che è un’utopia, che esiste solo a livello teorico date le scarse risorse disponibili che ne rendono difficoltosa l’applicazione ma i principi ispiratori sono ancora, nonostante l’età, validissimi, efficaci, estremamente innovativi.

I principi ispiratori dell’INVALSI invece sono  opposti a quelli sull’integrazione (e fosse anche solo per questo io non li condivido). Chi come me, ha seguito l’insinuarsi di questa “prassi” fin dalla sua prima apparizione (se non sbaglio 5 anni fa) agli esami di stato, ha potuto puntualmente ogni volta constatare l’estrema approssimazione didattica ed esecutiva basata evidentemente su principi diversi da quelli che vengono promulgati cioè il monitoraggio delle competenze degli alunni in modo tale da renderle omogenee su tutto il territorio nazionale.

Potrei contare innumerevoli esempi ma ne citerò due fra tutti:     
                  
- l’assoluta indifferenza (iniziale) verso gli alunni con qualsiasi tipo di difficoltà ignorando totalmente che, a noi poveri docenti che tutto l’anno ci arrabattiamo  con ragazzi  dai più svariati disturbi, potrebbe essere di grande aiuto  sapere quale efficacia hanno avuto i nostri sforzi, le nostre programmazioni sull’alunno, i nostri  percorsi diversificati. Invece nulla. All’INVALSI non interessa! Ormai le prove dei “diversi” non le dobbiamo neppure inviare più. Le dobbiamo cestinare noi.
                  
- il fatto che io,  come molte mie colleghe di sostegno, siamo diventate abilissime falsarie. Abbiamo  acquisito una pratica inconsueta a falsificare i frontespizi dei famigerati fascicoletti all’unico scopo di non far accorgere i compagni della diversità di alcuni;  rendendoci così obbedienti sostenitrici dell’idea che “siamo tutti soldatini uguali” e guai a chi è fuori dalle righe! Ma di questo reato ci rendiamo volontariamente colpevoli perché inizialmente, dall’INVASI, nemmeno una parola (vi lascio immaginare le occhiatacce dei presidenti di commissione quando si accorgono del trambusto e dell’occulto  trafugare dei frontespizi - come se questo servisse personalmente al docente e non fosse dovere istituzionale risolvere questo problema - rammento che abbiamo una legge sull’integrazione che porta avanti l’idea della diversità come arricchimento non come vergogna o trasgressione!).  Salvo poi usare, di anno in anno, toni sempre più perentori riguardo all’allontanamento degli alunni “che possono dare fastidio” o che “possono disturbare il lavoro degli altri” naturalmente lasciando il compito di “individuare i soggetti” e/o consigliare ai genitori di tenerli a casa al dirigente scolastico. Sono cose sporche di cui l’istituto nazionale per la valutazione non si può occupare!

Tutto ciò in nome di cosa? Dell’individuazione delle conoscenze e dei saperi che ragazzi di pura razza hanno appreso;  naturalmente da docenti che, contrariamente alla  intoccabile prova, hanno dovuto impartire i loro insegnamenti tenendosi in classe  alunni con i più svariati disturbi, con le problematiche più singolari ed i comportamenti più bizzarri, senza docenti di sostegno, senza AEC ed inoltre integrarli, interessarli, incuriosirli e determinare il loro apprendimento!!

Mi perdonino coloro che credono nel fatto che l’INVALSI abbia come unico scopo quello di raccogliere dati ed elaborare statistiche! Ai miei occhi hanno perso la loro credibilità quando sono entrati a pieno titolo nella valutazione dell’esame di Stato arrecando enormi squilibri: basta infatti analizzare le diverse prove di anno in anno. Senza andare troppo lontano: 2 anni fa eravamo tutti indaffarati ad alzare voti che rischiavano di ricorrere ai numeri relativi, lo scorso anno avevamo lo stesso daffare a ridimensionare i 10 fioccati con prove del tutto inadeguate. Anche questo mi fa dubitare del personale dell’INVALSI che dà più l’idea di persone affaticate a prendere il metro di una valutazione che loro stesse sono chiamate a dare.

Non sarà, come da più parti si vocifera, che si voglia fare una graduatoria di merito delle scuole “virtuose” e di quelle meno virtuose? E non sarà che questa virtù passa per la non accoglienza della diversità in tutte le sue espressioni? E non sarà che in questo principio non si tiene conto di un fattore fondamentale, che qualsiasi neo docente  conosce, che sono i livelli di partenza? Secondo i quali le scuole situate in luoghi particolarmente degradati e rischiosi otterranno, in termini di contenuti ma non di importanza, risultati sicuramente inferiori alle scuole situate in realtà più evolute?

A questo punto ci si rende conto che parlare della correzione delle famigerate prove diventa addirittura superfluo. Un po’ come sparare sulla Croce Rossa.  A meno che non si voglia considerare l’increscioso episodio accaduto a livello nazionale durante gli esami di Stato 2010-2011 in cui, dal Ministero della Pubblica Istruzione alias dall’INVALSI, sono state pubblicate griglie di correzione sbagliate!!

E’ per tutti questi motivi che ritengo contrario ai miei principi prestare il mio lavoro di docente all’Istituto INVALSI e, laddove non ne potessi fare a meno, limitare il mio contributo a ciò che mi viene imposto da contratto.

Roma, 30 novembre 2011

Patrizia Ercoli
Docente di sostegno
I. C. “Marta Russo” di Roma