A margine del concorso, la voce di una docente che “sarebbe stata” una brava dirigente …

Parto dalla fine perché è l’occasione che mi spinge a  questo intervento, ma i motivi sono altri e sono rinvenibili nel percorso precedente.
In più di venti anni di insegnamento e quasi dieci anni di collaborazione con il dirigente, ho vissuto la scuola a tempo pieno: ho insegnato, ascoltato, osservato, progettato, scritto, agito, deciso, parlato e, soprattutto, ho imparato.
Ho la fortuna di lavorare in una scuola d’eccellenza, conosciuta e apprezzata in Italia e all’estero per i risultati d’apprendimento e l’occupabilità dei suoi studenti, anche dei più disagiati, per lo spirito d’iniziativa che ha saputo dimostrare, per la progettualità e la capacità di collaborazione con altri enti, istituzioni e aziende anche del settore privato. Alle attività che hanno portato a questi risultati ho partecipato in prima persona in quanto, oltre alla responsabilità di una succursale, nel corso degli anni ho curato i rapporti con l’esterno, i progetti, l’alternanza scuola lavoro, i corsi FSE (seguiti da sola,  dalla progettazione all’organizzazione alla rendicontazione, viste le sempre scarse risorse).
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o vissuto il riordino dall’interno, in quanto ho fatto parte del gruppo di lavoro del settore Servizi – Indirizzo Enogastronomia e ospitalità alberghiera, costituito presso la Direzione generale per l’Istruzione e formazione tecnica superiore del Ministero dell’Istruzione. Ho ottenuto l’approvazione degli studenti, dei colleghi e del dirigente, che da sempre mi stima e mi incoraggia.
Purtroppo le prove scritte del concorso non sono andate bene: infastidita da un ricorrente mal di testa, emozionata dalla presenza, per quanto discreta, del mio dirigente scolastico nella commissione, non ero disposta nel modo giusto. Forse sono stata troppo sicura di me e per un mal riposto senso del dovere, ho scelto di non assentarmi dal lavoro neanche un giorno. L’impegno di vicaria, in una situazione di frequenti assenze del dirigente che, oltre che commissario nel concorso, è reggente in una scuola non facile e piuttosto lontana, mi ha probabilmente distolto dalla concentrazione necessaria.
Non cerco alibi né voglio fare polemiche: la mancanza è stata mia. 
Voglio però denunciare l’insufficienza e l’inadeguatezza di un tipo di selezione come quella proposta per un incarico di dirigenza.
Ho seguito, nella fase preparatoria, le diatribe, le accuse, le opposizioni, anche pretestuose, sulle prove e sulle procedure; non sono mai intervenuta per non prestarmi a strumentalizzazioni, ma ora che sono fuori dal gioco posso esprimermi liberamente: credo che lo Stato debba prestare più attenzione ai suoi servitori, perché non può permettersi lo spreco di risorse generate da concorsi come quello appena concluso. La conseguenza del rifiuto che ho subito sarà che non mi spenderò più per questioni che non rientrino nel mio dovere professionale: non starò più a scuola senza orari, non  rinuncerò più alle ferie, non impiegherò più un secondo del mio tempo per qualcosa che non sia strettamente connesso alla docenza.
Ho creduto nella scuola, nella forza dell’autonomia come strumento per far emergere insospettabili potenzialità e valorizzare le grandi capacità che gli studenti, i docenti e il personale della scuola sanno esprimere. Ma per chi, se non sono riconosciute e apprezzate proprio dallo stesso Stato che dice di volerle promuovere?
Mi congratulo con coloro che ce l’hanno fatta; sicuramente l’hanno meritato e a loro auguro un buono e proficuo servizio. Ma altri sono nelle mie condizioni; per questi auspico che le prossime selezioni, quando e se ci saranno, tengano in maggior conto le attitudini e l’esperienza, cioè quella che viene definita competenza: noi docenti siamo chiamati a valutare per competenze, ma chi ci guida non sa ragionare oltre le più bieche e retrive conoscenze, per di più veicolate da un tipo di prova che sa di stantio; conoscenze pletoriche e disarmoniche, dal diritto all’organizzazione, dall’informatica alla pedagogia passando per le esperienze europee: che cosa si è voluto dimostrare con questo? Che cosa può dimostrare un candidato? E che cosa può capire una commissione?
Faticosamente, giro pagina. Rimane solo tanta amarezza per un’occasione perduta. 


Alda Minocchi
Docente di Economia Aziendale