Concorso presidi, così il Tar getta la Lombardia nel caos

di Roberto Pellegatta - giovedì 19 luglio 2012
 

Con rabbia e costernazione dobbiamo registrare la pazzesca ma reale notizia di sospensione del concorso dirigenti in Lombardia a seguito della Sentenza del locale Tar di ieri sera che, diversamente da tutte quelle finora emanate dai vari Tar, invece che limitarsi ad ammettere con riserva i ricorrenti, ha bloccato l’intero concorso regionale.



Disal fin dall’inizio ha battagliato per convincere l’Amministrazione scolastica non solo ad emanare il concorso dopo otto anni di latitanza (in Francia il concorso a capo di istituto esce regolarmente ogni due anni) ma anche a seguire alcune procedure necessarie per evitare di incappare in ricorsi e sospensive, come l’esperienza siciliana aveva puntualmente insegnato. 
L’Italia statalista è ormai pervasa dai ricorsi e questa volta le conseguenze potrebbero essere gravi sia per chi si è impegnato ed ha superato le prove, sia per tutto il sistema scolastico.
Infatti se non si faranno le nomine dei dirigenti scolastici statali, dopo la riduzione delle sedi a causa del dimensionamento quasi 4.000 scuole (circa la metà attuale) avranno ancora il preside a doppio servizio. Nemmeno in Africa e nella generalità dei Paesi in via di sviluppo le scuole restano per anni senza capo di istituto.  
Questa volta l’elemento formale centrale su cui ruota la sentenza del Tar Lombardia assume un aspetto che rasenta il ridicolo: violazione della regola dell’anomimato del concorrente a causa di buste con i dati degli stessi attraverso le quali pare si potevano leggere i nomi già prima della loro apertura. La procedura vuole che la commissione prima corregga gli elaborati e poi apra le buste con i nominativi corrispondenti.
Sull’aspetto tecnico della sentenza qualcuno ha già da eccepire: ma il Tar ha verificato che la violazione dell’anonimato è effettivamente avvenuta o piuttosto si è semplicemente fidato della segnalazione del ricorrente?
Siccome l’acquisto delle buste dello Stato avviene centralmente sulla base di gare nazionali, pare che l’argomento formale stia già facendo il giro dei ricorrenti in tutta Italia, dove si potrebbero avere a catena conseguenze simili.
Se le buste in questione sono leggibili in trasparenza,  il loro acquisto è stato fatto in ottemperanza al risparmio della spesa pubblica?
Miriadi di sentenze e notizie da battaglia ogni settimana hanno mostrato come attorno al concorso dirigenti scolastici statali (come accaduto anni fa in Sicilia) sono ruotate pressioni e inefficenze di ogni genere.
Non si può scusare in alcun modo la malattia nazionale dei ricorsi ad ogni costo, né giustificare ad ogni costo i suoi “untori”: si tratta di una vera e propria “malattia” ai diffusori della quale anche i sindacati in passato hanno insegnato molto.
Ci sono stati, è vero, ricorsi che potevano essere ammissibili quando si trattava, anche nell’incertezza, di difedere diritti compromessi da procedure o discutibili modalità di operare. Ma c’è stato un dilagare forzoso dello strumento che ha incrementato una incapacità di accettare esiti di prove o regole del gioco chiare. Basti ricordare quando in queste pagine si segnalò addirittura il rischio di rinvio delle prove scritte.

Tuttavia non si può evitare di considerare la responsabilità di un’amministrazione scolastica in evidente difficoltà da tempo, un’amministrazione che per  molti anni non ha saputo indire regolarmente concorsi (non solo dei dirigenti) e, una volta indetti, non ha saputo far funzionare ovunque con correttezza ed efficacia quelli avviati,  anche a fronte di precise e chiare proposte migliorative che anche Disal ha sempre fatto, al fine di controllare e coordinare efficacemente i propri funzionari e le nomine. 
Insieme con l’amministrazione la responsabilità va ai ministri di questi 15 anni dai quali dipendeva il buon funzionamento dell’amministrazione ed un serio reclutamento del personale, lo stesso buon funzionamento che questa e quelli hanno sempre preteso dalle singole scuole.
Da troppo tempo si è dimenticato che il buon esempio viene dall’alto e lo si dimentica tutt’ora. Resta adesso la speranza che questo ministero e questa amministrazione, con uno scatto di dignità immediatamente valuti l’opposizione alla sentenza: i danni che potrebbero derivare dalla sua operatività alla scuola italiana in primis (oltre che ai vincitori delle prove) sarebbero gravi e veramente ingiusti.
Uno scatto forte di dignità necessita, oppure qualche dimissione alla fine diventa necessaria.