Replica alle Lettere riguardo all’articolo su “Stare anche dalla parte degli studenti e non solo degli insegnanti”

di Roger Abravanel - 20 settembre 2012

Ho ricevuto molte lettere d’approvazione per l’articolo “Stare anche dalla parte degli studenti e non solo degli insegnanti” (*) e molte di critica, soprattutto da parte d’insegnanti.

Le critiche alle quali vale la pena rispondere sono di due tipi:

1 non è giusto mandare avanti i vincitori del concorso che intende fare il governo Monti, perché moltissimi precari hanno vinto un concorso o seguito un corso di specializzazione (come la SSIS) che rilasciava un titolo di abilitazione ma non una cattedra;

2 è inaccettabile il metodo di valutazione di studenti e insegnanti basato su test standard nazionali che sono nozionistici, (“quiz”) non “riconoscono il valore della cultura classica”, e sono “motivati dal desiderio di una società classista in cui chi parte svantaggiato non può recuperare” infatti, ci sono dei bravi insegnanti che s’impegnano con alunni provenienti d’ambienti difficili senza purtroppo riuscire a farli raggiungere standard di eccellenza.


All’obiezione numero 1 rispondo che i precari hanno ragione, ma la colpa non è di questo concorso, ma di chi non li ha fatti prima o ne ha fatti alcuni senza ( o con poche cattedre). E’ necessario un periodo graduale per rimettere le cose a posto e ciò è riconosciuto dal fatto che solo la metà dei posti disponibili avverrebbe tramite concorso.
La idea del “diritto acquisito” al lavoro è purtroppo un concetto molto radicato in una società come la nostra, dove chi è selezionato e poi eventualmente assunto dal settore pubblico, ha acquisito una garanzia a vita che esiste in pochi altri posti al mondo. In Inghilterra il laburista (socialista) Blair ha chiuso molte scuole che secondo standard e ispezioni erano inadeguate e ha mandato a casa gli insegnanti poco preparati. Non dico che si debba arrivare a tanto, ma almeno per gli insegnanti da assumere, un minimo di valutazione standard non è assurdo. Gli insegnanti precari hanno la possibilità di partecipare al concorso e se sono così bravi come si descrivono coloro che mi hanno scritto, possono vincerlo.

All’obiezione numero 2 rispondo che in tutto il mondo si fanno degli esami standard nazionale basati su test, perché garantiscono quella oggettività che ahimè, nel nostro paese manca più che in altri (gli esempi abbondano).

I test fatti meglio non sono nozionistici (”quiz”) poiché misurano la capacità di ragionare e di comprendere un testo scritto, queste capacità sono essenziali sia per chi deve entrare nel mondo del lavoro, sia per chi deve insegnare (anche le materie classiche, non solo quelle scientifiche).

L’Italia è in ritardo di 50 anni su questi test ,(l’INVALSI era commissariato sino al 2008) ed è comprensibile che sia necessaria una fase di rodaggio e che qualcuno di questi test sia fatto maluccio (per esempio alcuni test “fai da te” adottati da alcune università) , ma obbiettivamente quelli dell’INVALSI iniziano ad assomigliare ai test PISA che ormai vengono applicati quasi ovunque nel mondo.

Per quanto riguarda la valutazione delle scuole (se e quando questa potrà finalmente essere fatta seriamente), dovrà essere portata a termine sulla base di visite ispettive (come in tutto il mondo moderno) più una valutazione dei rendimenti degli studenti ai test INVALSI. Il giudizio di merito però non sarà in valore assoluto MA SUL MIGLIORAMENTO, per tenere conto del punto di partenza (una scuola con cattivi risultati che migliora molto dovrebbe essere valutata come una scuola ottima che non migliora). E così che gli allievi provenienti da ambienti più difficili sono protetti. Peraltro questo tema da noi è divenuto spesso un alibi come dimostra il fatto che i test INVALSI evidenziano che alle elementari gli studenti del sud fanno altrettanto bene di quelli del nord, nonostante l’ambiente in cui sono nati e crescono, ma poi alle medie e alle superiori hanno risultati ai test molto peggiori (mentre i voti degli insegnanti sono buoni come quelli del nord). Ciò dimostra che il problema è della qualità dell’insegnamento, non della situazione in cui nascono e crescono i ragazzi prima di andare a scuola.

L’obiezione che i test discriminano dal punto di vista sociale è una colossale cantonata, perché dove sono utilizzati, sono uno strumento potentissimo di promozione sociale, giacché gli studenti meritevoli ma svantaggiati ricevono un attestato oggettivo delle loro capacità. I voti “gonfiati” di tante scuole (al Sud i cento e lode continuano a essere il doppio che al Nord) fanno un pessimo servizio agli studenti veramente bravi che li ricevono e che non possono accedere a università di eccellenza né usarli come referenza nel curriculum per l’assunzione dalle imprese che ovviamente danno (giustamente) poco valore al voto della maturità. La scuola italiana, che secondo chi mi scrive, non discrimina e offre a tutti le stesse opportunità, è la principale responsabile della bassissima mobilità sociale del nostro paese.

A parte rispondere puntualmente alle due obiezioni, mi sia consentita una riflessione. La crisi che gli italiani stanno vivendo è una crisi non legata alla finanza mondiale, ma alla mancanza di sviluppo degli ultimi 25 anni, dei quali la qualità dell’insegnamento delle scuole è una delle principali responsabili. La colpa di tutto ciò non è dei precari. Molti di loro sono ottimi insegnanti (come lo sono molti dei colleghi di ruolo), che magari avrebbero altre opportunità nella vita, ma continuano per amore del loro lavoro a lavorare facendo le supplenze. Molti altri sono meno bravi o forse erano bravi e oggi lo sono di meno, fanno gli insegnanti di mala voglia perché non hanno altre opportunità fuori (o peggio non se le vogliono cercare). Il danno che essi arrecano ai loro studenti va oltre la cattiva didattica e consiste nel trasmettere ai giovani una cultura anti-rischio che danneggia enormemente la nostra economia e società.

Il principale responsabile di questa situazione è stato la scellerata alleanza tra Stato-genitori-sindacati che in 25 anni ha permesso di arrivare a questo punto, nel non fare concorsi e in generale nel non selezionare e valutare continuamente gli insegnanti e con questo assurdo sistema che seleziona le persone sulla base della loro disponibilità a fare una vita di precariato pur di avere un posto fisso a 40-50 anni.

E ‘ una sfiancante gara di sollevamento pesi, ma noi abbiamo bisogno di centometristi.

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(*) http://meritocrazia.corriere.it/2012/09/12/stare-anche-dalla-parte-degli-studenti-e-non-solo-degli-insegnanti/#more-368


http://meritocrazia.corriere.it/2012/09/20/replica-alle-lettere-riguardo-allarticolo-su-stare-anche-dalla-parte-degli-studenti-e-non-solo-degli-insegnanti/#more-370