Nella scuola la casta quando si “scasta“?



Quando si parla di concorsi pubblici nella scuola si mettono in moto dinamiche che poco hanno a che vedere con la trasparenza procedurale. A volte anche le interpretazioni delle leggi sono fatte a vantaggio di persone protette o da proteggere, danneggiando e demotivando tutti coloro che sono al di fuori di certe logiche di casta. Si vuol diventare docente di ruolo, si vuol diventare Dirigente Scolastico, si vuol fare carriera nell’Amministrazione, ebbene lo studio, la competenza professionale e le conoscenze disciplinari sono condizione necessaria ma non sufficiente. Per raggiungere la sufficienza occorre l’appartenenza, intesa come l’intendeva Giorgio Gaber: “ L'appartenenza non è lo sforzo di un civile stare insieme, non è il conforto di un normale voler bene, l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé. L'appartenenza non è un insieme casuale di persone, non è il consenso a un'apparente aggregazione, l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.”



 




Quindi avere gli altri dentro di sé in un partito politico, in un’associazione culturale o professionale, in un sindacato, o peggio in un’organizzazione segreta o di stampo mafioso, vuol dire avere il controllo completo delle persone, decidendo il loro destino professionale.  La casta ha molte sfaccettature tutte diverse tra loro, tante teste e tante braccia difficilmente contrastabili. La scuola non fa eccezione, anzi rientra completamente nella regola, quella regola che distingue le persone per censo e appunto per appartenenza. Quindi per “ scasstare “ la casta ci vuole una rivoluzione di pensiero, ci vuole una nuova filosofia di vita, nuovi obiettivi e nuove priorità esistenziali. Fino a che esisterà la corsa quotidiana al denaro, alla carriera e alla sopraffazione del prossimo per soddisfare il proprio ego, la casta esisterà sempre e più forte che mai, perché sarà il mezzo per arrivare all’obiettivo, prendendo comode scorciatoie.



Aldo Domenico Ficara