I tre livelli del disagio giovanile tra gli studenti



Esiste un’ampia letteratura sul disagio giovanile, i cui termini correlati sono disadattamento, devianza, marginalità. Associata ad esso è una vasta tipologia di comportamenti messi in atto da soggetti in età evolutiva, soprattutto preadolescenti e adolescenti, con un livello di gravità variabile. Si parla di disagio:
1.      non grave: che consiste in stati di malessere per esperienze di insuccesso (scolastico, sportivo, relazionale) e che si esprime con comportamenti di chiusura, di aggressività, di autosvalutazione;
2.      intermedio, che si manifesta con comportamenti trasgressivi spesso agiti nel gruppo e con il gruppo (uso occasionale di stupefacenti, appartenenza a bande, intimidazioni a soggetti più deboli);
3.      grave, che si manifesta con comportamenti autolesivi (fuga,tossicodipendenza) e trasgressivi illegali (furti, spaccio, ricettazione)
Interpretare il disagio significa darsi strumenti di approccio adeguati; strumenti per comprenderlo, individuarne le forme, fissarne le tipologie, saper agire etc.


 

Questo implica, prima di tutto, informazione scientifica, psicologica, sociologica, pedagogica. La psicologia ci aiuta a fissare i tipi di disagio; la sociologia a leggerne anche le radici e le dinamiche – sociali; la pedagogia a legare tali nozioni al caso e ad assumere un atteggiamento produttivo rispetto ad esso, di comprensione e di trattamento insieme.