"L'Invalsi è un treno impazzito …."

di Vincenzo Pascuzzi - 13 luglio 2013

«L'Invalsi è un treno impazzito, che procede senza rendersi conto che a volte ci sono segnali gialli e rossi che invitano alla prudenza o all'arresto! Possibile che sia... impossibile darsi una "pausa di riflessione"?» Così si sfoga Maurizio Tiriticco su facebook!

Nessun padreterno. “I test Invalsi non sono il giudizio di Dio” ha detto il ministro Carrozza. Meno male! Di conseguenza, l’Invalsi non è Dio, né i vertici dello stesso Invalsi sono padreterni. Certo, già si sapeva, ma conforta la autorevole conferma. Però forse l’Invalsi si considera depositario di una qualche sua religione, altrimenti il ministro non avrebbe aggiunto che bisogna “uscire da una logica di guerre di religione” sulla valutazione. Comunque l’ordalia sembra citata impropriamente.

Nord e Sud. Subito stampa e media ripropongono il confronto effimero e scontato tra nord e sud. Meglio il nord del sud, ma si sa da sempre ed è in relazione alla condizione economica, alla povertà. E poi il confronto dettaglia bravi e meno bravi fra nord-est, nord-ovest, sud adriatico, centro, Friuli, Veneto, ecc. fino a Puglia e Basilicata. Quasi che la bravura a scuola - secondo i test in questione - sia una caratteristica geografica, climatica, agricola, o ambientale (v. le cipolle rosse di Tropea, le ciliegie ferrovia del barese, il tartufo bianco di Alba, ….). Forse non ha proprio senso, è controproducente, classificare le scuole in base alle loro classi e poi le regioni o le zone in base alle loro scuole. Ci si dimentica che Invalsi testa due sole materie o discipline, cioè il 20% circa della didattica, e lo fa a prescindere dal tipo e dall’indirizzo della scuola.





E la sufficienza? E poi, oltre alla classifica relativa nord-sud e regione per regione, né Invalsi, né Miur hanno indicato nessun livello di riferimento per la sufficienza e la accettabilità delle preparazioni testate. In altre parole: scuole e regioni che stanno indietro, rispetto ai mitici nord-est e nord-ovest, raggiungono almeno la sufficienza oppure no? Idem per le scuole e le regioni che stanno avanti, Trentino e Friuli compresi.

E i costi? Anzi il rapporto costi/benefici? Bisognerà pure contabilizzare i costi dell’operazione Invalsi, inclusi quelli scaricati - graziosamente e d’autorità - sulle scuole e sugli insegnanti, incluse le 2 giornate di scuola sottratte a circa 3 mln di ragazzi. E poi quali sono i benefici? Il Trentino e il nord-est gratificati? Alcune regioni alla gogna? Al più, il rapporto Invalsi è diagnostica parziale, coatta, diffusa o a tappeto, ma nessuno indica o provvede alla terapia conseguente.

E la dispersione? Nessuna iniziativa efficace e credibile per ridurre la dispersione. Problema questo importante e gravoso, messo in ombra e parcheggiato, mentre all’Invalsi viene assegnato un binario veloce (per restare in ambito ferroviario) o una corsia preferenziale sgombra e un’auto blu munita di lampeggiante e sirena. Eppure ridurre la dispersione migliorerebbe sicuramente la qualità della scuola. Questo nessuno lo può negare. E la dimensione della dispersione (20% o poco meno) non sta forse ai test Invalsi un po’ come l’evangelica trave alla pagliuzza?

Opacità e autoreferenzialità. È stato segnalato che manca trasparenza sia nella struttura Invalsi, che nella gestione dei suoi concorsi interni (qualcuno viene indicato come “sospetto”) e anche nella preparazione e scelta dei test. Non sono certo sufficienti le rassicurazioni di Roberto Ricci, né che Daniela Notarbartolo garantisca: «Dietro le prove c'è uno studio accuratissimo. E ogni quesito viene sottoposto a un pre-test severissimo». Tanto che Giorgio Israel – solo uno degli autorevoli e noti contestatori critici dell’Invalsi - lamenta l’assenza di risposte, l’impossibilità di confronto e parla di “Invalsi autoreferenziale: anzi le loro parole sono le tavole del Sinai. Ribadiscono imperterriti di aver fatto il meglio nel miglior modo possibile, tappandosi, occhi, orecchie, ed anche il cervello”. È poi singolare che i test debbano essere effettuati in sincronia in tutte le scuole e siano gli stessi per tutti. Mike Bongiorno almeno proponeva: “Quale busta vuole? La uno, la due o la tre?”

Approccio coatto. Perché costretti per legge e imposti a scuole, docenti e studenti? Con conseguenti mugugni, accettazioni rassegnate e di malavoglia oppure azioni di contrasto, scioperi, rifiuti, fino a sanzioni disciplinari? Qualcosa non torna. Miur non è in grado di proporre un più utile e civile approccio amichevole e condiviso, che induca davvero partecipazione, collaborazione e sinergia?

Roma, 13 luglio 2013

Vincenzo Pascuzzi