Una manina fatata riscriverà gli incarichi di presidenza?


di Renzo Caliari


Ora che è andata possiamo dirlo: il CdS ha chiuso la vicenda lombarda sul concorso per Dirigenti Scolastici con una sentenza dolce come un pugno allo stomaco, digeribile come una melanzana sotto olio mangiata a mezzanotte, gradita come la nomina a senatore a vita del dott. Bonelli da parte degli idonei. La sentenza ordina che i compiti siano re-imbustati e che da quel punto in poi il concorso riparta. Se le cose andranno lisce, a novembre i compiti saranno corretti e a febbraio l’amministrazione proclamerà i neo-idoenei, che saranno dirigenti dall’1 settembre 2014.
La sentenza, seppur sgradita, è elementare. Ma noi viviamo in un paese, che si chiama Italia, dove le tasse si eludono, i posti di blocco si dribblano e le leggi si aggirano. E le sentenze? Si eludono, si dribblano e si aggirano. O almeno ci si prova. Ma come si farà?
La settimana del 22 luglio, prima che l’USR termini le operazioni di re-imbustamento, il parlamento inizierà la discussione sul Decreto del Fare. In quel momento alcuni politici, ben istruiti, cercheranno di far passare un emendamento piccolo, piccolo che ripristinerà i vecchi incarichi di presidenza. Gli incarichi di presidenza sono quell’arnese vetusto della scuola italiana mandato in soffitta, nel 2007, dal Dlgs 165-2001 che disponeva che i capi di Istituto fossero Dirigenti dello Stato. I presidi incaricati, invece, non sono dirigenti e sono privi di molte prerogative che lo stato assegna soltanto ai dirigenti, come l’obbligo di comminare le sanzioni disciplinari ai dipendenti. Insomma per l’incompatibilità con il nuovo ruolo, nel 2007, il legislatore decise di eliminare l’incarico di presidenza. E fu coerente. Poi con un bel concorso riservato, si decise di trasformare i presidi in Dirigenti. I pochissimi che non superarono quel concorso furono gli attuali presidi incaricati. Poche decine in tutta Italia e ora prossimi alla pensione. 







 Ma perché questa lunga storia sugli incarichi di presidenza? Cosa c’entra con il concorso per Dirigenti Scolastici in Lombardia? Ebbene ritorniamo al Decreto del Fare. Nella settimana del 22 luglio dentro quel Decreto ci saranno centinaia di emendamenti: dalle ferrovie di Trieste, all’immancabile Salerno-Reggio Calabria. Tra questi emendamenti ne spunterà uno più scandaloso e incredibile degli altri. E’ quello che ripristina gli incarichi di presidenza in Lombardia e in Abruzzo. Qualcuno dirà che non si può infilare dentro una fonte primaria del diritto una norma valida per alcune regioni si e per altre no. Le fonti del diritto sono, per definizione, generali. Non possono valere solo per alcune regioni. Ma non c’è problema. E’ sufficiente introdurre gli incarichi solo per le regioni “con esigenze straordinarie” e il gioco è fatto. Prendono vigenza solo nelle regioni in questione.
Poi, dopo alcuni giorni, ci sarà una fonte secondaria del diritto, probabilmente un decreto ministeriale, che in attuazione della fonte primaria stabilirà come costruire la graduatoria di merito per assegnare gli incarichi di presidenza. E lì la strada pare spianata: i primi 400 posti sarebbero degli ex-idonei, che prenderebbero servizio già l’1 settembre 2013. E gli altri fermi al palo ad aspettare. E’ fantascienza? Purtroppo no. Le pressioni che spingono la vicenda a prendere questa piega sono poche, ma forti. Poi si sa, siamo in Italia dove tutto è possibile. Qui il provvisorio diventa definitivo, il temporaneo diviene permanente e un incarico annuale si converte automaticamente in un contratto a tempo indeterminato. Lo sa bene tutto il mondo. In Italia non c’è abuso che non si possa condonare o irregolarità che non si possa sanare. A quel punto i presidi diverranno inamovibili.
Quindi il Consiglio di Stato avrà fatto una sentenza dettagliata, prescrittiva, perentoria. Ma di fatto essa sarà elusa, dribblata, aggirata. In una parola sarà beffata. Ma c’è la parola “stavolta”. Questo giochino, stavolta, sarà difficile. Come dare i primi posti agli ex-idonei quando il Consiglio di Stato, in risposta a un’eccezione del loro avvocato, disse che non c’è mai stata graduatoria? O meglio quella preparata in fretta e furia dall’USR della Lombardia nell’agosto del 2012 non è “dotata di propria autonomia precettiva” (vedi sentenza punto 2,3) e quindi è inservibile. Ricordiamoci che l’ordinanza del Consiglio di Stato del 28 agosto 2012 oltre a quella graduatoria rese inservibili TUTTI gli atti successivi all’uso delle buste trasparenti. Ma allora come farà l’amministrazione a usare, impunemente, quella graduatoria sapendo che originerà tonnellate di contenziosi da parte dei non-idonei? Inoltre cosa succederà il prossimo anno quando il concorso sfornerà i nuovi dirigenti, ma i loro posti saranno occupati dai presidi incaricati? I vincitori di concorso e i “presidi-incaricati-presidi-sanati” si contenderanno il posto a sciabola? Inoltre chi placherà l’ira dei sindacati che dal 12 luglio sembrano recitare un’altra poesia, quella che dice: “A noi la sentenza fa vomitare / ma adesso che c’è la dovete applicare”. E se verranno fuori i contenziosi tra presidi incaricati e neo-dirigenti che posizione assumeranno i sindacati? Chiederanno, come hanno sempre fatto, l’italianissima sanatoria?
Insomma sarebbe un delirio. Sembra impossibile che tutto questo accadrà. La logica ci dice che tutti abbiano interesse ad applicare in modo pedissequo la sentenza che, detto per inciso, non piace a nessuno, ma risponde ai dettami del massimo organo di garanzia amministrativa. Insomma quando la prossima settimana qualche deputata tenterà, nel caldo torrido di fine luglio, di infilare con la sua manina fatata l’impataccato emendamento è possibile che incontrerà molte ostilità. E che l’emendamento sarà bocciato.
Questo è quello che direbbe la logica. Ma noi siamo italiani e la logica non sempre governa i processi del vivere.

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