Dialogo fra due S di Scuola

di Mauro Presini


Io mi chiamo S. Io mi chiamo S.
No, non hai capito, sono io che mi chiamo S.
No, sei tu che non hai capito. Mi chiamo S anch’io. 
Ah. Io sono molto grande,  ho 32 aule.
Io sono piccola: ho un’aula sola… però con 32 alunni. 
Io sono molto ricca: compro i tablet per i bisogni tecnologici.
Io sono molto povera: compro la carta igienica per i bisogni dei bambini. 
Io ho adottato un Piano dell’Offerta Formativa che è molto apprezzato!
Il mio Piano non ha prezzo e deve essere ancora Formato perché adottarlo è una scelta sOfferta. 
Io ho 100 progetti e altri sono in cantiere. 
Io ho 100 cantieri e altri sono in progetto.
Io faccio anche educazione alla sostenibilità.
Io ho molti sostegni che fanno educazione.
Io ho il senso della ricerca.
Io sono alla ricerca di un senso.
Io ho un utenza importante che può contribuire alle mie spese.
Io ho delle spese importanti e non riesco a contribuire neanche alle mie utenze.
Io sono garbata e diligente e mi muovo in modo elegante.
Io sono sgarrupata ma intelligente e mi muovo come un elefante.
Io sono all’avanguardia e nei test nazionali mi hanno indicata per il gran risultato.
Io guardo avanti, seguo le Indicazioni Nazionali ma, a volte, come risultato mi viene un gran mal di test.




C’è un numero che ritorna in alcuni provvedimenti legislativi che mi piacciono molto: il 104.
Infatti 104 è il numero della “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” e 104 è anche il numero del Decreto del Presidente della Repubblica del 1985 che ha approvato i “Nuovi programmi didattici per la scuola primaria”.
Ora purtroppo 104 è anche il numero del Decreto Legge “Carrozza” dal cognome del ministro o, come lei ed il Presidente Letta lo definiscono, in maniera esageratamente trionfalistica, “L’istruzione riparte”.
Ci vedo alcuni piccoli elementi positivi ma non scordo certo la quantità di miliardi tolti alla scuola pubblica.
Perciò ho scritto “purtroppo” perché non approvo il trionfalismo e perché il DL 104 contiene una norma perversa: i docenti delle scuole “i cui risultati dei test di valutazione sono meno soddisfacentidovranno sostenere una formazione apposita.
Per carità non critico la formazione in sé, anzi io sarei favorevole a farla tornare un dovere per il personale; critico fortemente questo tipo di formazione per questo tipo di motivazione.
Viviamo nei tempi del paradosso eppure non mi sembra che ci sia un’indignazione proporzionale.
Il Ministero all’Istruzione delega un Ente dipendente: l’Invalsi, per misurare gli apprendimenti degli alunni italiani attraverso dei test.
L’Invalsi, nonostante i test siano molto criticati dalla comunità scientifica, ne deduce arbitrariamente sia il livello di apprendimenti degli alunni delle scuole italiane che addirittura la qualità delle scuole italiane stesse.
L’Invalsi comunica i risultati al Ministero il quale impone alle scuole, i cui risultati nei test sono meno soddisfacenti, di partecipare ad una formazione specifica per imparare a superare i test.
Premettendo che per il Ministro sembra essere fondamentale che a presiedere l’Invalsi sia Paolo Sestito, se ne deduce che per il Ministero:
- chi dirige alla Banca d’Italia può presiedere un ente che si occupa di “valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione“;
- tutte le scuole non sono uguali;
- le scuole “di serie A” si distinguono da quelle “di serie B” perché ottengono risultati migliori nei test;
- gli alunni delle scuole “di serie B” per diventare come quelli di “serie A” devono imparare a superare i test;
- gli insegnanti delle scuole “di serie B” per diventare come quelli delle scuole di “serie A” devono insegnare agli alunni a superare i test;
- i dirigenti delle scuole “di serie B” per diventare come quelli delle scuole di “serie A” devono insegnare agli insegnanti come insegnare ai bambini a superare i test;
- anche la scuola, come la vita, è tutta un quiz.
Concludendo: insieme ad altri continuo a credere che un’altra scuola sia possibile quindi se prima guardavo con sospetto i colleghi che facevano comprare alle famiglie i libri per preparare gli alunni alle prove Invalsi ora non aspetto di guardarli con sospetto ma, al loro cospetto, con fare circospetto, gli farei un dispetto dicendo loro, di petto: “Se cerchi un parapetto, io non ti rispetto!
Visto che ho iniziato con un adattamento di un famoso brano di Giorgio Gaber mi sembra coerente, e adatto al tema, finire come finisce Gaber nel brano “Giuoco di bambini: io mi chiamo G”:
 
È nato in un prato un fiore colorato,
è nato in un prato un fiore già appassito,
il fiore colorato è stato concimato,
il fiore già appassito è stato trascurato.
Orbene affinché nel confronto quel fiore non ci perda
diamogli un po’ di merda!

P.S. Chiedo scusa, di solito cerco di non usare parolacce. Stavolta mi è scappata.
So che non è fine e me ne scuso davvero.
Mi impegno dunque a fare maggiore attenzione in futuro.
Giuro quindi che proverò a non scrivere più: Invalsi.