ECCO COME CAMBIA LA GESTIONE DELLE SCUOLE

La letterina ASASI pubblica un’intervista (immaginaria?) ad un dirigente che riportiamo qui

Il risparmio nel campo dell’istruzione dovuto alla spending review produrrà nel 2014 l’accantonamento di molte figure e di molti ruoli che hanno caratterizzato la scuola post-fordista tipica dell’autonomia scolastica. Per capirne di più intervistiamo oggi il Dott. Ex manager, dirigente scolastico di un istituto di istruzione superiore di un’isola irredimibile, che arriva come nuovo dirigente provenendo da Olimpia.
Giornalista: Allora, dirigente, dove tagliamo per i risparmi sulla scuola.
Dirigente: Eliminiamo, come primo gesto innovativo, la figura della collaborazione fiduciaria col dirigente e torniamo al vecchio vicepreside di una volta, eletto dal collegio. Delusa e sconfitta la vocazione manageriale del dirigente scolastico, dimezzato il suo ruolo rispetto alle promesse e alle premesse dell’autonomia, mancando la necessità, per mancanza di risorse, che il capo della scuola frequenti ogni giorno le stanze del potere con intenti clientelistici, non v’è bisogno che diserti la sua poltrona e la sua istituzione per fare altro.
Giornalista: E questo farebbe risparmiare sulle spese della scuola?
Dirigente: Certo, per due collaboratori fiduciari la spesa, dal fondo dell’istituzione scolastica è intorno al 10%, con un impegno economico che, a secondo il tipo d’istituzione, primaria o secondaria, di 1° grado o di 2° grado, può raggiungere diverse migliaia di euro. Se poi, considera che i collaboratori fiduciari prendono parte, come docenti, al festival dei progetti dell’istituzione, s’inseriscono nei PON e nei Por, le loro quotazioni salgano vertiginosamente.
Giornalista: Capisco, ma non si compensa in questo modo anche la fiduciarietà, la fedeltà assoluta, la responsabilità che si assume ogni volta un collaboratore quando il suo dirigente è assente?
Dirigente: Su questo argomento ci sono equivoci ed inadempienze gravi anche e soprattutto da parte della burocrazia che non esercita alcun controllo e permette il copia ed incolla.
Giornalista: Cioè?
Dirigente: Nessun tipo di responsabilità del dirigente scolastico, né amministrativa, né economica né civile,né penale è trasferibile ai suoi collaboratori che possono emettere disposizioni interne dopo avere sentito il parere e l’assenso del dirigente scolastico. Nessuna firma su documenti contabili potrebbe essere accettati da enti, agenzie, banche e altri interlocutori che possano sostituire quella del dirigente scolastico, nessun atto di autotutela è valido se non è emesso direttamente dal capo dell’istituzione scolastica.
Giornalista: E la fiducia, e la fedeltà?
Dirigente: Quella dipende dalle persone, dal loro valore, dal codice deontologico dei dipendenti pubblici e non deve essere mai una sorta di immedesimazione nella figura del dirigente scolastico, che non ha bisogno di echi pappagalleschi della sua voce, ma di professionisti all’altezza che sappiano in qualunque momento esercitare il diritto-dovere di critica anche delle decisioni del dirigente. Non devono essere amici del preside, né confidenti, con i quali s’intraprende un comportamento tuistico, ma mediatori del rapporto tra il dirigente, primus inter pares, e i suoi pares, cellule vive dell’ambiente nel quale si consuma l’esperienza della gestione quotidiana, dotati di intelligenza euristica e di grande flessibilità affinché il rapporto con l’utenza si verifiche con la massima soddisfazione possibile di ognuna delle parti.
Giornalista: Vuole dire che i collaboratori previsti dall’ultimo contratto sono degli yes man?
Dirigente: Yes man e yes women, più le seconde che i primi visto che le scuole sono ormai inevitabilmente consegnate all’universo femminile.



Giornalista: Si spieghi meglio, cosa intende dire?
Dirigente: Che permettere ad un dirigente di avere collaboratori fiduciari è come diffondere tra gli esseri umani lo strumento del cellulare. Per l’insipienza che contraddistingue l’essere umano, ne è nato e ne nascerà un eccesso. L’eccesso può essere fatto dal dirigente stesso che, ad esempio, per suo comodo trasforma un collaboratore in RSU, falsando i rapporti istituzionali dentro la sua istituzione, per avere vita facile nella contrattazione interna oppure da un collaboratore che utilizza la sua maggior presenza nella scuola, le sue relazioni, la sua ascesa come strumento di potere nei confronti dell’utenza.
Giornalista: E questo a cosa porta?
Dirigente: Che la triade dirigente-collaboratori o il consolato nel caso che, in base al numero, il collaboratore possa essere soltanto uno, siano del tutto avulsi dal contesto, siano estranei al corpo vivo della scuola che è pur sempre costituito dall’attività didattica esercitata dai docenti. Si allarga e si allunga la forbice tra l’ingerenza gestionale ed organizzativa e la funzione didattica che dovrebbero interagire profondamente per mantenere una identità unitaria di fronte all’utenza e di fronte alla società in generale. I collaboratori finiscono per essere considerati collaborazionisti del dirigente che è visto, se non cede alla filosofia tuistica tipica della società liquida, come una sorte di dittatore. Egli diventa un “monstrum” in quell’ambiente nel quale si danno tutti del tu, indipendentemente dal ruolo che ricoprono. Sembrano tutti fratelli e sorelle e piantano, invece, i chiodi alle spalle. I collaboratori, a lungo andare, inaugurano una stagione di collaborazione perenne che li trasforma in uomini e donne per tutte le stagioni, rischiano di assumere comportamenti ed atteggiamenti inconciliabili con la loro identità genetica, essendo pur sempre docenti appartenenti al collegio e quindi pares di un dirigente che rimane primus, non, dunque, sulla stessa linea né in posizione anteriore rispetto a lui, ma sempre un po’ più indietro rispetto a lui che rimane la guida, il responsabile di ogni atto di rilievo interno ed esterno che si verifica nell’istituzione scolastica.
Giornalista: Dunque la fedeltà e la fiducia sono effimere?
Dirigente: Nel nuovo medioevo in cui siamo incappati, epoca di transizione nella quale, come dice Scalfari nel suo bel libro “L’amore, la sfida, il destino”, ogni valore e ogni progetto serio sono stati sconfitti dalla vanità e dalla furbizia, non c’è più scampo per ciò che non è effimero. Io parlerei della necessità della lealtà, virtù antica e cavalleresca che dovrebbe distinguere gli uomini e le donne vere dai falsi, dai Giuda e dagli ipocriti.
Giornalista: E dunque come si può ricostruire l’esemplarità che un tempo proveniva dalla scuola come modello aggiunto a quello dell’educazione familiare?
Dirigente: Instaurando il criterio della meritometria e della tempometria.
Giornalista: Cioè?
Dirigente: Ad esempio, nel campo di cui stiamo parlando, scegliendo i collaboratori del dirigente tra i migliori dell’Istituzione scolastica, per competenza, deontologia professionale, attaccamento al dovere, cioè all’amministrazione, cioè allo Stato e istituendo il tempo ridotto, la turnazione che permette ai migliori, tutti quanti, di divenire, a turno, punto di riferimento per la collaborazione con il dirigente. Non più un mestiere aggiunto a quello di docente, ma una passione in più, un interesse in più, una competenza in più da spendere per una gestione efficiente ed efficace di quel segmento dell’amministrazione all’interno del quale si lavora. Incarichi concreti, efficaci, di breve durata, per spendere il meglio che c’è in noi. Poco tempo ma buono, tanto tempo per non divenire dipendente dalla funzione e ritornare in tempo alla propria vera professione, che è quella di docenti.
Giornalista: Dica la verità dirigente, scendiamo dall’ideale. Quanti ne ha trovati collaboratori così da quando esiste l’autonomia scolastica?
Dirigente: Pochissimi, ma ci sono.
Giornalista: E lei è stato un teorico o ha operato secondo la sua visione?
Dirigente: Quest’anno ho preteso dal collegio che eleggessero loro i collaboratori alla dirigenza.
Giornalista: E il risultato?
Dirigente: I vecchi collaboratori sono stati defenestrati.
Giornalista: E i nuovi, senza alcuna esperienza?
Dirigente: Li guiderò io. Cresceremo insieme, tutti nuovi, con una collaborazione rispettosa della gerarchia e basata sulla lealtà e sulla sincerità.
Giornalista: Non più yes man, non più yes women.

Gaetano Bonaccorso

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