Def, la scuola conta meno delle imprese

*Anna Angelucci,    


Nono­stante i tagli dra­co­niani, anche quest’anno le scuole ita­liane hanno rego­lar­mente fun­zio­nato e garan­tito la loro offerta for­ma­tiva a cen­ti­naia di migliaia di stu­denti. For­te­mente sot­to­di­men­sio­nato, il per­so­nale Ata ha lavo­rato a pieno ritmo e i docenti hanno svolto le loro fun­zioni stru­men­tali, di coor­di­na­mento, di recu­pero e di poten­zia­mento della didattica. Oggi ci tro­viamo tut­ta­via in una situa­zione gra­vis­sima: il fondo d’istituto delle scuole ita­liane non ha la con­si­stenza eco­no­mica per coprire tutte le atti­vità di inten­si­fi­ca­zione, aggra­vio e straor­di­na­rio che il per­so­nale docente e non docente ha effet­tuato durante l’anno per garan­tire il rego­lare fun­zio­na­mento dei Piani dell’Offerta For­ma­tiva, pre­vi­sti dalla legge sull’autonomia. Poche migliaia di euro ero­gate come anti­cipo all’inizio dell’anno sco­la­stico dal mini­stero dell’Istruzione sono oggi l’unica con­si­stenza eco­no­mica di cui le scuole dispon­gono. In molte scuole la con­trat­ta­zione inte­gra­tiva si sta chiu­dendo con una for­tis­sima ridu­zione dei com­pensi, assurti a cifre sim­bo­li­che, in molte altre non si apre nep­pure. In molte scuole si sta attin­gendo al con­tri­buto volon­ta­rio delle fami­glie per pagare per­so­nale e docenti!
Dov’è finito il miliardo e tre­cento milioni di euro di cre­diti che le scuole van­tano da anni nei con­fronti dell’amministrazione cen­trale? Quel cre­dito che alcune cir­co­lari mini­ste­riali in pas­sato hanno ver­go­gno­sa­mente chie­sto alle scuole di inse­rire nell’«aggregato Z» del bilan­cio, così da ren­derlo ine­si­gi­bile?



 Nel Docu­mento di Eco­no­mia e Finanza 2014 in discus­sione in par­la­mento nean­che una parola. E nes­sun depu­tato e sena­tore, impe­gnato in que­sto momento nella sua bat­ta­glia pro o con­tro il Def, ricorda che l’amministrazione cen­trale ha debiti non solo nei con­fronti delle imprese ma anche con tutte le scuole d’Italia, messe oggi in con­di­zione di non poter pagare i lavo­ra­tori. Com’è pos­si­bile che nono­stante gli otto miliardi di risparmi effet­tuati nel com­parto scuola solo con la legge 133/2008 (il 30% dei quali avrebbe dovuto essere rein­ve­stito nella scuola), il man­cato rin­novo dei con­tratti degli inse­gnanti, il blocco degli scatti di anzia­nità, la pro­gres­siva ridu­zione dei fondi per il fun­zio­na­mento della scuola e per le atti­vità di recu­pero e soste­gno, siamo oggi di fronte pos­si­bi­lità che il nostro sala­rio acces­so­rio, a fronte di un lavoro rego­lar­mente effet­tuato, non venga ero­gato? Il governo deve dirci se abbiamo lavo­rato pro bono. Deve dirlo a cen­ti­naia di migliaia di lavo­ra­tori. Deve avere il corag­gio di dirci che, men­tre i poli­tici e i boiardi di Stato con­ti­nuano ad accu­mu­lare introiti e pen­sioni da favola, noi, docenti e non docenti delle scuole ita­liane, con uno sti­pen­dio medio di 1.200 euro al mese, abbiamo fatto, a nostra insa­puta, un volon­ta­riato coatto.


* docente Liceo Pasteur Roma


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