Di insegnamento capovolto, metodologia didattica che sta crescendo in
modo esponenziale in tutto il mondo, a partire dalla pubblicazione della Bibbia
del metodo, «Flip your classroom», di Jonathan Bergnman e Aaron Sams (2012), si è parlato ( 2015 ) a Roma, in occasione del primo convegno
nazionale, organizzato da Flipnnet, in collaborazione con la Fondazione Mondo
Digitale.
A introdurre l’argomento e tessere le lodi del metodo, Tullio De
Mauro, linguista ed esperto di didattica innovativa. A tal proposito De Mauro dice: « Il nuovo metodo consente di abbattere
i totem dell’istruzione, dei veri feticci: il prof in cattedra per la lezione
frontale, a raccontare cose che lui o altri hanno scritto in un libro con più
esattezza; la verifica orale, in cui uno o due rispondono alle domande e gli
altri fanno quello che vogliono; e il manuale, una statua sacra ». Ma
nelle applicazioni sul campo della classe capovolta non tutto può filare liscio,
infatti, riportiamo alcuni aspetti pratici che potrebbero rendere problematico
l’utilizzo della nuova metodologia (http://www.lenuovemamme.it/il-metodo-flipped-classroom-da-prendere-con-le-molle/
):
·
Il
problema dell’impossibilità per alcuni bambini di accedere a casa alla
documentazione si ovvia facendogliela vedere a scuola…ma allora dov’è il
risparmio di tempo? Per non parlare della ancora carente disponibilità a scuola
di LIM e computer e perfino di collegamenti alla rete.
·
I
bambini della scuola primaria e i ragazzi della secondaria di primo grado
riuscirebbero a gestire in autonomia il materiale fornito? Non viene forse
chiesto troppo ai genitori a casa…genitori che spesso, come sappiamo, non hanno
neanche il tempo di controllare se il compito (“l’obsoleto compito”) è stato
svolto?
·
Quanti
insegnanti creerebbero personalmente le lezioni e quanti invece potrebbero attingere
liberamente a quelle già fatte? Ciò spersonalizzerebbe il lavoro che invece, se
aderente al modello, dovrebbe essere un momento altamente professionale e
creativo per l’insegnante.
Aldo Domenico Ficara