I piccoli gruppetti di genitori che
avevano il tempo e la voglia di fermarsi a chiacchierare davanti a scuola,
hanno ora una cassa di risonanza tecnologica micidiale: il famigerato Gruppo WhatsApp
dei Genitori. Spesso sono professionisti
della lite virtuale, meglio se indirizzata a qualcuno che non fa parte del
gruppo. Vedi i professori, il preside, il personale scolastico. La filosofia
sottesa a ogni polemica è: come ti permetti tu professorucolo di mettere in
dubbio la genialità della mia progenie. Ne deriva una valanga di messaggi con
la verve polemica che andrebbe riservata ai massimi sistemi. Non provate a
minimizzare e non vi venga mai in mente di dare ragione al professore e/o al
preside. Loro sono il nemico, o sei con noi o sei contro di noi. A conferma di
quanto detto in un articolo pubblicato su Il Post si scrive: “ oggi da una
parte della barricata ci sono gli insegnanti e dall’altra i genitori, che
pretendono per i loro figlioli trattamenti di riguardo, ottimi voti, medaglie
che scintilleranno fuori della scuola, nel mercato del lavoro. I genitori
intuiscono che la selezione sarà feroce e dunque cercano in ogni modo di
proteggere i loro ragazzi, di far guadagnare loro crediti e punteggi buoni da
spendere più avanti. Chi parte male rischia di finire peggio.
Così gli
insegnanti vengono pressati, a volte criticati o addirittura contestati. E la
piazza della ribellione è WhatsApp, un mezzo che doveva unire, favorire gli
scambi, allargare l’informazione e che invece diventa la cassa di risonanza di
un risentimento incontrollato. Madri e padri si fomentano reciprocamente, la
palla che rotola in breve diventa una valanga, il primo disappunto si trasforma
in rancorosa ostilità verso l’insegnante che mette voti troppo bassi o che non
sta svolgendo il programma così come i genitori pretendono “. Forme di
innovazione comunicativa che annullano l’azione educativa del sistema scuola, e
che possono degenerare negli episodi di violenza che in questi ultimi mesi sono
nelle cronache dei siti web di settore.