Riportiamo dal blog di Antonio Padellaro su Il Fatto Quotidiano l'articolo dal titolo " I nostri prof, il solo antidoto al calcetto in stile Poletti "
Con tutto il rispetto per l’Ocse non
c’era bisogno dell’Ocse per sapere che gli insegnanti italiani sono i migliori
d’Europa e tra i migliori al mondo. Chi ha la fortuna di essere inviato nelle
scuole per parlare con i ragazzi (di giornalismo o di politica o dei fatti
della vita) ne ricava quasi sempre la sensazione di un patrimonio immenso di
vitalità, passione e desiderio di conoscenza. Ma,al tempo stesso, è difficile
non covare il timore che molta di questa ricchezza possa andare in malora una
volta concluso il ciclo di studi e alle prese con il lavoro che non c’è.
Ai
tanti luogocomunisti che sui giornali non perdono occasione per lamentarsi,
signora mia, di un sistema scolastico fabbrica di studenti svogliati e di
professori indulgenti (quando non addirittura incubatrice di analfabetismo di
ritorno), vorremmo consigliare una visita, per esempio, all’istituto Tommaso
Campanella di Lamezia Terme dove si resta ammirati dalla capacità di
argomentare dei ragazzi e dall’uso sempre appropriato della lingua italiana.
Citiamo non a caso una scuola del profondissimo sud perché non dimentichiamo le
parole di una loro insegnante “Ocse”, Enzina Sirianni, in risposta ai
complimenti: “Sì, sono bravi ma i più fortunati voleranno via mentre chi
rimane…”.
Infatti, i meno fortunati potranno sempre compilare dei curricula che
finiranno diritti in qualche cestino. Oppure, molto più utilmente, iscriversi
ad un torneo di calcetto. Perché nel richiamare i giovani alla miserevole
realtà delle cose il ministro Poletti dice il vero. Ma subito dopo dovrebbe
dimettersi dal governo come tutti i governanti passati e presenti complici, per
inettitudine o per dolo, della catastrofe generazionale che oggi si misura con
il 40% di disoccupazione giovanile. Così che nell’Italia immaginaria che
distinguesse tra meritevoli e somari, gli insegnanti dovrebbero governare e i
ministri tornare a scuola. Ma questa, e me ne scuso, è solo demagogia.
Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano