Millesimi di sicurezza - La ripartizione dell'8 per mille

di Marina Boscaino - Adista Segni nuovi n. 13

Come trasformare un pieno diritto in una concessione; come interpretare un dovere prioritario dello Stato in eventualità realizzabile o meno, a seconda della volontarietà di un contributo a carico dei cittadini.
Una strana proposta, quella del Pd alla Camera, relativa alla ripartizione dell’8 per mille: si tratterebbe di modificare la Legge 222/1985 - quella appunto relativa allo storno e alla destinazione volontaria dell’8 per mille da parte dei contribuenti - per consentire di «indicare esplicitamente la scuola pubblica come destinataria di una quota fiscale dell’8 per mille (...) per la sicurezza e l’adeguamento funzionale degli edifici scolastici» [v. Adista Notizie n. 12/12].




 La proposta è segno dei tempi che stiamo vivendo, tempi lunghissimi, ormai. È un modo di “mettere una pezza”, di tamponare la catastrofica emergenza che stiamo vivendo che, sommata al disinvestimento decennale sulla scuola e sull’edilizia scolastica, si concretizza nelle condizioni indegne in cui versano alcuni istituti. Ma è anche un pericoloso passo indietro in ordine ai diritti esigibili, come quello - giuridicamente determinato - della sicurezza di alunni e lavoratori negli edifici scolastici. Rispetto alla quale non sembra proprio il caso di arrivare timidamente - testa bassa e cappello tra le mani - per prendere ciò che ci concedono. Tanto più che, nelle dichiarazioni del ministro, si tratta di un tema centrale a cui si assicureranno investimenti consistenti.
Originariamente la legge relativa all’8 per mille riguardava la Chiesa cattolica. In seguito alle rivendicazioni di altre confessioni religiose, è stata estesa a queste e allo Stato per determinate finalità. L’annuale battage pubblicitario messo in campo dalla Chiesa per richiedere ai contribuenti l’affidamento dell’8 per mille realizza un introito considerevole (la quota che va alla Chiesa è intorno all’85%, l’ultimo dato supera i 1.100 milioni di euro, v. Adista n. 46/11), che viene sottratto allo Stato, destinatario naturale delle imposte e che - nel caso dell’8 per mille - utilizza la somma “fuori bilancio” per scopi umanitari, assistenziali, culturali.
Una legge, insomma, semmai da abrogare e non certamente da potenziare, allargando i limiti e le possibilità di intervento. Ma soprattutto affidando ad una simile normativa - che una cultura squisitamente laica non può che rifiutare - interventi relativi all’istituzione scolastica, funzione precipua e inalienabile della Repubblica.
«La scuola dello Stato (e non solo “pubblica”, come recita la proposta del Pd, comprendendo così anche le scuole private-paritarie, i cui edifici da mettere in sicurezza riguardano i proprietari privati e non lo Stato!), ribadiamo, è non un servizio, ma  funzione precipua dello Stato, e i fondi per metterla in sicurezza devono essere strutturali, non certo affidati al gettito capriccioso di quote variabili, soggette alla libera scelta dei contribuenti»: così Antonia Sani, coordinatrice dell’associazione “Per la scuola della Repubblica”.

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