Intervista a Giorgio Israel sui test Invalsi. "Metodo sbagliato, tutto da rifare"

di Luca De Carolis - Il Fatto Quotidiano - 20 maggio 2012 - pag. 11


Boccia i test Invalsi, nel metodo e (talvolta) nel merito. E smonta un luogo comune: "Dicono che all'estero si fa così. Ma la verità è che in tanti paesi stanno ripensando i test di valutazione". Giorgio Israel, 64 anni, è professore ordinario di Matematica all'Università "La Sapienza" di Roma, è stato anche con Mariastella Gelmini al Ministero dell'Istruzione.


Professore, questi test non sembrano piacere quasi a nessuno. Lei li abolirebbe?
Diciamo che, così come sono fatti, non mi convincono affatto.Un sistema che valuti il livello di apprendimento degli studenti serve, è indubbio. Ma i test possono valutare il livello base delle nozioni di uno studente: se conosce le tabelline, o se ha le nozioni grammaticali e sintattiche fondamentali. I test Invalsi, invece, mirano a fornire una valutazione molto più completa. Ma non è possibile.
Perché?
Perché per valutare la preparazione di un ragazzo non possono certo bastare dei test. Peraltro, i test Invalsi talora contengono errori, come hanno denunciato dei professori a proposito di un test di geometria per i licei. E, soprattutto, hanno approcci molto discutibili. E' una pretesa senza fondamento pensare che si possano  valutare le capacità in termini di intuizione geometrica di uno studente mediante dei test. Questo può farlo soltanto un professore, in un rapporto di valutazione nell'arco dell'anno.
Una delle critiche più frequenti ai test è che vengono preparati da aziende ed esperti esterni al ministero. Con costi enormi, peraltro.
E' un problema concreto. Primo, perché non si sa a che titolo queste persone preparino i test. Secondo, perché ci sono anche diversi casi di conflitti di interesse. Ovvero, quelli che preparano i test talvolta scrivono manuali su come superarli. Libricini che dilagano nelle scuole.
Altra obiezione diffusa: i test sono gli stessi per tutti gli istituti, senza distinzione tra indirizzi scolastici e zone geografiche. 
Dal ministero rispondono che è una scelta precisa, mirata a rendere omogeneo il livello scolastico in tutto il Paese. Ma il tema di fondo rimane: questi test, fatti così, non servono. Anche perché spesso gli insegnanti aiutano i ragazzi a superarli, avendo un chiaro interesse a che la scuola riceva una buona valutazione. 
I test fanno davvero paura agli insegnanti?
Io ho ricevuto lettere di docenti terrorizzati, perché il risultato dei test era negativo. Eppure in molti casi si trattava di insegnanti che preparano bene i loro studenti. Da tutto questo deriva un altro problema: che a un certo punto dell'anno, la didattica si ferma e si passa all'addestramento per i test Invalsi, con effetti disastrosi. In America una popolarissima serie tv, "The Wire", si sofferma proprio sulle conseguenze dei test sul reale apprendimento degli studenti.
Eppure i fautori degli Invalsi ripetono che sono un sistema diffuso ovunque.
In altri Paesi, come l'Inghilterra, i test rappresentano baracconi enormi, per dimensioni e giro di interessi. Ma le assicuro che in tante nazioni stanno ripensando i sistemi di valutazione, perché ne hanno capito i limiti.
Lei che soluzione propone?
Valutare l'apprendimento con dei test minimali, come dicevo prima. E non fare di questi test dei totem intoccabili.