Tagli alla scuola, tre domande al ministro Profumo

di Marina Boscaino - 2 maggio 2012 

Proviamo a mettere in relazione tre notizie di strettissima attualità.

La prima. Venerdì 27 aprile: Francesco Profumo, ministro dell’Istruzione e dell’Università, in visita a Catania, in occasione del progetto “Smart City e Smart Communities”, ha dichiarato: “Non ci saranno più tagli alla scuola”. In riferimento al recente intervento del ministro dell’Economia – Vittorio Grilli – che, a Ballarò, sembrava far presagire qualcosa di diverso, Profumo ha aggiunto: “Se qualche collega di governo ha parlato di tagli, non si riferiva alla scuola, ma a qualcos’altro”.


La seconda. Sabato 28 aprile: Reginaldo Palermo, su “Tecnica della Scuola”, rileva come il parere della Commissione Cultura del Senato (ovviamente favorevole) sul Documento di Politica Economico-Finanziaria contiene la seguente affermazione: “Si reputa essenziale superare le criticità nella programmazione finanziaria e nella gestione delle risorse destinate al funzionamento ordinario delle scuole, le quali sono in una situazione di liquidità tale da non poter soddisfare gli impegni già presi, senza contare il forte accumulo di residui attivi riferibili anche a esercizi lontani che nuoce a una corretta programmazione delle risorse”. Finalmente l’esistenza di residui attivi (circa 1mld e mezzo) che tante volte è stata denunciata dalle scuole e altrettante negata dal ministero è oggetto di attenzione: non solo delle scuole stesse e dei sindacati, ma anche – era ora – nelle sedi istituzionali. Si riconosce che il Miur ha accumulato nei confronti degli istituti scolastici un debito cospicuo; che non pare avere alcuna intenzione di rifondere. Peraltro una recente nota del ministero autorizza le scuole ad utilizzare qualsiasi somma per coprire provvisoriamente le spese per le supplenze. Tali uscite, di esclusiva competenza dello Stato, andrebbero in carico all’eufemisticamente definito “contributo volontario” delle famiglie (in realtà una tassa vera e propria, senza la quale le scuole oggi avrebbero ancor più difficoltà) o ai fondi erogati dagli enti locali. È la stessa “Tecnica della scuola”, intanto, a ipotizzare che nei piani ministeriali ci sarebbe il taglio di ulteriori 150 milioni ai finanziamenti alle scuole.

La terza. Domenica 29 aprile; “La Repubblica” titola: “Così il Governo cerca di evitare la stangata Iva. Scuole, ministeri, tribunali partono i tagli anti deficit”. I margini per aggredire ciò che resta della scuola pubblica sarebbero stati individuati dalla Consip (la società di Stato per gli acquisti) per un ammontare di circa un mld di euro tra beni e servizi. Si partirà con la smobilitazione, tra le altre, della sede del Miur di Piazzale Kennedy a Roma (7, 5 milioni di affitto, 40 mila metri quadrati per 400 persone) e di altri immobili altrettanto improduttivi: alla faccia dei criteri di efficacia, efficienza ed economicità. Le strutture dell’amministrazione centrale del ministero dell’istruzione, università e ricerca costano ogni anno 12 milioni di euro di canoni. Il totale del risparmio preventivato ammonta a circa 9 milioni di euro, il 75% dell’attuale spesa che calerà da 12 a 3 milioni. Dato che per il momento – ma facciamo sempre in tempo ad apprendere il contrario – i salari dei docenti non sono attaccabili (ne fanno fede le nostre buste paga, ferme da tempi immemorabili a causa del mancato rinnovo del contratto e impoverite dal costo della vita sempre maggiore) e i posti di lavoro nemmeno (lo indicano i tagli degli ultimi anni), si cercano disperatamente altre fonti di risparmio. Il tentativo è quello di racimolare un ulteriore 15% mediante i cosiddetti “acquisti centralizzati” sul modello Consip (la scuola che dovesse, ad esempio, acquistare una fornitura di computer dovrebbe farlo attraverso la Consip). Tale procedura allungherebbe però in modo inaccettabile i tempi per le forniture, che invece nelle scuole sono spesso urgenti.

Ma dal Consiglio dei Ministri del 30 emergono ulteriori misure, che riguardano il personale della scuola. La “razionalizzazione dei distacchi e comandi personale”: un’ulteriore diminuzione dei distacchi, che ammontano a poche migliaia di unità. Ma anche il “riequilibrio della rete scolastica regionale e della proporzione tra docenti e classi di alunni”.

Come è noto, la legge 133/08 ha previsto un aumento di un punto del rapporto alunni-docente nel triennio a seguire. Il “riequilibrio” potrebbe anticipare un ulteriore aumento, con conseguenze disastrose sul sistema scolastico, dalle classi-pollaio alle norme di sicurezza ulteriormente violate, a ricadute ulteriori sugli organici e sul diritto all’apprendimento degli studenti italiani? Non è assurdo pensarlo.

Le domande sono molte, tre per tutte.

1) come mai il ministro continua a negare tagli che invece – lo sapremo ufficialmente dalla prossima seduta del Consiglio dei Ministri – sembrano incombere sul mondo della scuola, già vessato da 3 anni di taglieggio? Taumaturgia delle parole: se non comportano diminuzioni di posti di lavoro non rientrano nel capitolo “tagli alla scuola”? Eppure – in qualsiasi forma si configurino – rappresentano una evidente insidia al diritto allo studio e alla possibilità della scuola pubblica di assolvere il proprio mandato costituzionale.

2) Come mai continuiamo ad avere l’impressione di un ministro che vive di visite e di dichiarazioni standard, ma sembra non essere al corrente di ciò che succede altrove, né ha ancora mai fatto seguire alle sue (vaghe) affermazioni azioni concrete?

3) Liberarsi prima di un patrimonio immobiliare – che include molte altre sedi mal o non sfruttate – che comporta uno spreco così insostenibile, persino in periodi non di crisi, e così iniquo, qualsiasi sia il tempo in cui esso si configura, non avrebbe potuto evitare seppure parzialmente, seppure minimamente, la mannaia che si è abbattuta sulla scuola pubblica negli ultimi 3 anni? Chi pagherà per le esistenze precarizzate, per la perdita dei diritti, per l’indebolimento della Scuola della Repubblica?

“Noi la crisi non la paghiamo” era lo slogan dei movimenti che hanno affollato le piazze nel 2008. Purtroppo non è stato così. E non è ancora finita.

Marina Boscaino
(2 maggio 2012)