Saviano: vietare gli insulti su Facebook e Twitter non è censura


di Andrea Mollica


Roberto Saviano su “La Repubblica” di oggi propone una riflessione sull’utilizzo dei social network e sulle regole da rispettare anche nel mondo della rete per preservarne la funzione della comunicazione. In queste ultime settimane si è discusso molto di questo tema, prima per la denuncia di Laura Boldrini, subissata di insulti e minacce molto violente da quando è diventata presidente della Camera, e poi per l’addio di Enrico Mentana a Twitter. Il direttore del telegiornale di La7 ha lasciato il popolare social network dei cinguettii da 140 caratteri a causa delle offese ricevute, quasi sempre anonime. Roberto Saviano evidenzia come in questi anni avere un profilo sia un social network sia diventato un diritto, tanto che questa possibilità di comunicare e dialogare sia spesso negata in regimi dittatoriali come la Cina o la Corea del Nord. Ogni diritto, però, rimarca lo scrittore di “Gomorra” e dell’appena pubblicato “Zero, Zero, Zero” impone delle regole.
Saviano sottolinea come  si sia sviluppata una sorta di degenerazione di Twitter, dove si impongono solo post sarcastici od insultanti per provocare attenzione. “ a questa è una degenerazione del mezzo, perché Twitter nasce per comunicare: è una piattaforma che mette in connessione chiunque con chiunque. Tutto è aperto. Puoi seguire chi vuoi, puoi leggere cosa scrive Obama, Lady Gaga o il tuo collega, quello che ha la scrivania di fronte alla tua. La capacità di poter assistere in tempo reale a ciò che accade nel quotidiano e comprendere i punti di vista degli altri, condividerne le conoscenze. Retwitti se trovi interessante una notizia e credi valga la pena sottoporla alla tua comunità. Crei dei topic, e puoi farlo chiunque tu sia. Poi ti capita di essere retwittato da chi ha centinaia di migliaia di follower e il tuo pensiero inizia a viaggiare.”
La mancanza di ascolto sui social network spinge poi ad un’altra degenerazione, ancora più grave, che porta all’insulto sistematico. “ se si è a corto di contenuti o manca la capacità di sintesi (la regola su Twitter consiste nel mantenersi nei 140 caratteri, l’sms di un tempo), si urla per essere ascoltati. Quando il pensiero si semplifica e si riduce al grado zero, a volte c’è posto solo per l’espressione radicale o la battuta estrema. La serietà è banale, il ragionare scontato. Dunque ecco l’insulto. Chi ti insulta su Facebook non riesce a fare lo stesso, però, quando ti incontra di persona perché non ha il coraggio di mettere la faccia su uno sfogo personale che si alimenta di luoghi comuni e leggende metropolitane. Ho letto che se un post presenta un certo numero di commenti negativi, chi leggerà quel post sarà naturalmente influenzato da quei commenti. Le critiche sono sempre benvenute, gli insulti no.”
Saviano ribadisce come anche i social network abbiano bisogno delle regole, e di conseguenza la possibilità di rimuovere commenti, prevista sia su Facebook che su Twitter, non possa essere considerata censura se il contenuto è puramente offensivo. “Facebook e Twitter consentono di poter eliminare l’insulto, bannandolo, cioè mettendolo al bando. Fa parte delle regole del gioco. Non credo sia corretto escludere chi fa un ragionamento diverso da quello proposto, chi critica con linguaggio rispettoso è una risorsa. Ma è giusto bannare chi usa i commenti per fare propaganda, chi ripete sempre lo stesso concetto quasi a fare stalking, chi – ad esempio – dice di conservare una bottiglia di champagne da aprire il giorno della mia morte, chi dice di avermi visto a bordo di una Twingo rossa o una Panda verde a Caivano o a Maddaloni sottintendendo che non è vero che vivo sotto protezione. Agli estremisti della rete che obiettano: “ma questa è censura”, rispondo che chi vuole può aprire una sua pagina per insultarmi, ha l’intero infinito web per farlo. È che in realtà l’insultatore vuole vivere della luce riflessa dell’insultato. Eppure è semplice comprendere come non ci sia nulla di più dannoso dell’insulto: nulla garantisce più sicurezza al potere.”
Roberto Saviano conclude rimarcando come l’educazione sul web stia ancora nascendo, e la scelta di un preciso linguaggio è fondamentale per definire ciò che si vuole comunicare con un determinato strumento. Insultare sui social network come unico modo di dialogo cela in se elementi di pericolo: “il turpiloquio, l’insulto o l’aggressività costruiscono non una società più sincera ma una società peggiore. Sicuramente una società più violenta. I commenti biliosi degli utenti di Facebook e Twitter portano solo bile e veleno nelle vite di chi scrive e di chi legge.” L’insulto non è libertà, e di conseguenza lo scrittore campano sottolinea l’esigenza di tutelare le regole anche all’interno dei social network, invitando i bulli a sfogarsi in un altro modo.


http://www.gadlerner.it/2013/05/11/saviano-vietare-gli-insulti-su-facebook-e-twitter-non-e-censura