di Lucio Ficara
L’idea di ridurre di un anno il
percorso d’istruzione della scuola secondaria di secondo grado, che con decreto
del Miur n.952 del 5 novembre 2013 è già diventata sperimentazione e che per
l’anno scolastico 2014-2015 diventerà di fatto operativa, è l’equivalente
dell’operazione tentata dal ministro Profumo, ma poi naufragata, di innalzare a
24 ore settimanali l’orario di servizio dei docenti della scuola secondaria a
parità di salario. Infatti ridurre di un anno il quinquennio delle scuole
secondarie di secondo grado, lasciando immutati lo svolgimento dei programmi e
degli obiettivi didattici, significa allungare inevitabilmente il tempo scuola
di circa 10 settimane per ogni anno scolastico. Così facendo si passerebbe
dalle attuali 34 settimane e mezzo pari
a 210 giorni di lezioni scolastiche l’anno, alle probabili 45 settimane pari a 270
giorni . É utile sapere che nel decreto del Miur su citato, il ministro
Carrozza ha previsto, all’art.2, che il corso di studi quadriennale dovrà
garantire, anche attraverso la flessibilità didattica e organizzativa,
consentita dall’autonomia scolastica, l’insegnamento di tutte le discipline
previste dal decreto 211/2010, in modo da consentire agli studenti il raggiungimento
degli obiettivi specifici di apprendimento e delle competenze previsti nell’attuale
percorso quinquennale dei licei, ma entro il termine dei quattro anni
scolastici. Cosa significa questo? Significa che per raggiungere tali obiettivi
specifici di apprendimento e competenze, bisogna necessariamente allungare la
durata in giorni e in settimane di ogni anno scolastico, in modo da fare in
quattro anni scolastici, quello che prima si faceva in cinque.
Tale dilatazione
dei calendari scolastici comporterà, a regime di questa riforma, un impegno di
attività d’aula per ogni docente che supera le 800 ore. Oltre a queste ore di
didattica rimangono le 80 ore di attività collegiali, restano tutte le ore che,
soprattutto per chi ha materie con l’obbligo delle prove scritte, sono
tantissime, di attività funzionali all’insegnamento previste dal comma 2
dell’art.29 del contratto scuola. Quello della riduzione di un anno del corso
di studi dell’istruzione secondaria di secondo grado, oltre ad essere un
risparmio ingente per le casse dello Stato, è un notevole carico di lavoro
aggiuntivo per docenti ma anche per gli studenti. Infatti docenti e studenti vedranno ridursi
notevolmente i giorni di vacanza,
vedranno aumentare i ritmi di lavoro e di studio. Per i docenti questo
provvedimento equivale a svolgere le fatidiche 24 ore settimanali, proposte
avventatamente dall’ex ministro Francesco Profumo, in un tempo di 34 settimane. Infatti un
docente che dovesse svolgere 24 ore di servizio settimanale per un periodo di
34 settimane, lavorerebbe con i suoi allievi poco più di 800 ore l’anno. Quindi
si può concludere che l’indirizzo riformistico di questa riduzione del corso di
studi delle scuole secondarie di secondo grado, ha la stessa efficacia, anche
peggiorativa in termini di impegno profuso dalla categoria docente, della
proposta di aumentare il servizio settimanale dei docenti delle scuole
secondarie da 18 a 24 ore. In entrambe le proposte, il carico aggiuntivo di
lavoro avviene a parità di salario. Un altro problema a cui si va incontro
allungando il tempo dei quattro anni scolastici, in modo da consentire il
raggiungimento degli obiettivi specifici e competenze previsti nell’attuale
percorso quinquennale dei licei, è quello del raggiungimento effettivo di tali
obiettivi. Quanti studenti riusciranno a raggiungere tali obiettivi in tempi
cosi stretti ed intensi? La risposta è semplicissima per chi vive la scuola
nella sua realtà quotidiana : ” solo una
minima parte che si aggira sul 25%, potrà reggere all’impatto di ritmi
serrati e programmi sempre più difficili se correlati all’età del discente”. Di
questo 25% sarà solo il 50% ad averne un effettivo vantaggio in termini di
competenze realmente raggiunte e spendibili per il successivo percorso di
studi. Tutte queste riflessioni contano poco rispetto la necessità di
risparmiare, e togliere ai docenti, senza aumentare gli stipendi, quel
privilegio di avere qualche giorno di vacanza in più, che nelle altre
Amministrazioni pubbliche non hanno