Precari scuola, l’incubo del taglio alla greca

Adriana Comaschi


Sos scuola pubblica. I 150 euro «tornati» nella busta paga degli insegnanti di ruolo, dopo la mezza sollevazione provocata dall’annuncio del governo di volerli tagliare, non esauriscono il lungo elenco dei nodi da sciogliere per garantire un minimo di qualità alla vita in classe. Prima fra questi, la scelta che toglierà a circa 130mila precari da 1000 a 1200 euro l’anno, cancellando il diritto a vedere monetizzate le ferie non godute. Senza contare il mancato pagamento degli stipendi di dicembre e spesso novembre per le supplenze brevi, su cui solo ora sta intervenendo il ministero. E come ben racconta Valentina Mascaretti, bolognese, 34 anni, precaria da sette, supplente in un liceo di Imola: «Vivere con questa incertezza sui pagamenti diventa difficile. La mia salvezza? Non avere figli, e lo stipendio di mio marito. Ma già così si tira la cinghia».
Tanti aspetti del lavoro da precaria del resto «lo rendono molto più stressante di quello dei colleghi di ruolo». Tra i diritti degli uni e degli altri «c’è un abisso», non si contano le disparità che il ministero non pensa affatto a colmare. Una su tutte, appunto quella del mancato pagamento delle ferie non godute. I precari non possono prenderle, visto che vengono licenziati ogni estate: se in precedenza queste ferie perse venivano compensate, la spending review 2012 ha stabilito che non possono essere monetizzate. Sarà così dal 2014, anche quelle per il 2012-13 sono in forse. La giustificazione? Ai precari vengono conteggiate come ferie Natale e Pasqua, cosa che non accade con i colleghi di ruolo. «Di fatto, si tratta di una decurtazione dello stipendio attuale accusa Raffaella Morsia della Flc-Cgil Emilia-Romagna -, i precari subiscono un taglio alla greca. Un’ingiustizia contro cui ora la Flc nazionale avvierà una serie di cause pilota». C’è poi l’abuso dei contratti a termine, contro cui ha puntato il dito a dicembre la Corte Europea di Giustizia. Anche questo Valentina lo ha subìto sulla propria pelle, «ho lavorato nella stessa scuola per un anno, ma con un contratto rinnovato 5 volte». Riassumendo: «Lavoriamo proprio come chi è di ruolo, anzi forse per farci accettare pure di più. Molti di noi hanno master o dottorati, abbiamo investito molto sulla nostra formazione. Ma non godiamo degli stessi diritti degli altri docenti».




In un quadro complessivo già tanto drammatico si inserisce l’ultimo sfregio, lo stipendio fantasma per chi non ha ottenuto una cattedra dal Provveditorato (annuale, da settembre a giugno o agosto) e ha quindi atteso le chiamate degli istituti per spezzoni o supplenze brevi. Che poi brevi magari non sono, visto che coprono malattie ma anche maternità o congedi annuali per motivi di studio. Il loro stipendio però, a differenza di quello dei precari con cattedra del Provveditorato, è pagato dalle singole scuole, che devono avere i fondi dal ministero. E proprio questi fondi sono il problema. «Già lo stipendio di settembre è arrivato solo grazie a un’erogazione straordinaria del ministero spiega Morsia. Il sindacato ne ha sollecitata un’altra entro dicembre, ma non c'è stata». «Il 20 dicembre la scuola ci ha comunicato che lo stipendio sarebbe arrivato più avanti, non si sapeva quando ricorda infatti Valentina -: è stato un trauma. Niente regali di Natale. Mi era capitato una volta di vedere la busta paga in ritardo, ma quest’anno abbiamo toccato il fondo. Per fortuna ci sono i 1370 euro di mio marito, insegnante pure lui ma di ruolo: visto che io non ho certezze, siamo entrati nell’ottica di contare solo su quello per le spese quotidiane. Poi mia madre, che è pensionata, ogni tanto mi aiuta. Ma sono arrabbiata, davvero arrabbiata: non ho un’indipendenza, e se avessi anche solo un figlio non ce la faremmo con quello che costa la vita a Bologna». Solo il 17 gennaio viale Trastevere ha sbloccato i fondi, Valentina i 1000 euro di novembre li ha visti dunque solo il 23 gennaio, insieme a quelli di dicembre. Ma la partita non è affatto chiusa, «tra pochi mesi il problema si riproporrà, perché per il 2013 i soldi li hanno trovati anticipando risorse del 2014. Sottratte oltretutto punta il dito Morsia ad altri capitoli di spesa della scuola, come i fondi per i Consigli d’Istituto e per l’offerta formativa: siamo al cannibalismo. Ed è incredibile che chi lavora per lo Stato non sia retribuito: siamo alla negazione dei diritti e dei valori di legalità che proprio a scuola si dovrebbero insegnare». «La situazione rimane critica, altroché, rischiamo un blocco dei pagamenti nei prossimi mesi attacca il segretario nazionale Flc Domenico Pantaleo -. Perché sulla scuola si continua a tagliare: tagli nascosti, ma sempre tagli sono, che pesano sulla stessa sopravvivenza di questi precari. Non solo, togliere risorse ad altre voci farà sì che gli istituti saranno sempre più costretti a chiedere un contributo alle famiglie. Il ministro Carrozza sa tutto questo?»

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