Perché non partecipo alla Buona Scuola

di Rosaria Gasparro

Pare che la mia regione, la Puglia, sia stata finora tra le più attive d’Italia nell’organizzare i dibattiti per «La Buona Scuola». Con 145 incontri off line è al secondo posto, dopo l’Emilia-Romagna con 153 incontri. Strano. Non ne ho beccato nemmeno uno. Nessun invito, nessuna locandina, nessuna circolare che ne divulgasse l’evento. Delle quattro l’una: o evitano accuratamente di farlo sapere agli insegnanti critici o sono io ad essere distratta o si svolgono tutti nelle altre province oppure sono delle mezze bufale. Nella mia scuola e nei dintorni comunque non se n’è parlato. Tranne in un’assemblea sindacale e in un’altra con i genitori per avvertirli che c’è questo documento on line, di consultarlo e di esprimere la propria opinione. Anzi, un incontro c’è stato, a livello centrale-periferico ma mi risulta blindato per personale selezionato.

Se questo è quanto accaduto qui sono portata a credere che ovunque la consultazione abbia avuto caratteristiche simili. Le fanfare del potere la stanno già spacciando come la più grande operazione stupefacente di democrazia, di partecipazione e di cambiamento mai vista finora. E in parte avranno ragione, perché una manovra così vuota, inutile, spocchiosa, irriverente nei confronti di chi ci lavora, ignorante di ciò che realmente si agita nelle varie scuole, come priorità bisogni e pratiche, una campagna così da regime e falsa non si era vista mai.

Anche per questo non partecipo alla fiction della consultazione. Un documento senz’anima, che farà a pezzi quel poco di buono che siamo riusciti a salvare e a produrre. Con un linguaggio che vuol essere accattivante, tutto anglicismi ed effetti speciali di concetti miseri da videogame e gioco in borsa.
Così ogni giorno potremo giocarci i nostri crediti, le nostre brave banche ore, nell’autodafè dei non meritevoli o nel procurarci i favori del dominus di turno. L’apprendimento ridotto ad un’operazione digitale, coding per programmare gamification per imparare e nudging per incoraggiare, magari come avviene nei supermercati che incoraggiano gli acquisti piazzando cioccolate, caramelle e lamette vicino alla cassa.

Non credo in questo tipo di riforme, sono infide, minano alla base la natura di una comunità e ne dirottano la direzione verso un meccanicismo degli intenti e degli esiti. Credo nelle riforme che dilatano il cuore, che iniziano dal basso, che si fanno strada facendo.

«Credo che riforme e rivoluzioni inizino di dentro – diceva Anna Maria Ortese - e abbiamo una sola strada da percorrere: il rinnovamento della coscienza e del cuore dell'uomo. Tutte le riforme e le rivoluzioni che non abbiano per oggetto il rinnovamento, la rinascita della vita morale (prima che religiosa e politica) dell'uomo, sono illusorie e destinate alla sconfitta in partenza».

Ecco, questa è una riforma senza rinascita morale, perciò irricevibile, perciò destinata a perdere.