Prendo in prestito l’inizio di un
articolo di Polibio, fine commentatore
di cose di scuola, che scrive: “Era il 12 maggio 2014, e da allora sono
trascorsi 926 giorni (e alcuni giorni fa sono stati “celebrati” i 1.000 giorni
dell’attuale governo Renzi), quando la ministra dell’istruzione Stefania
Giannini, in tale veste da due mesi e mezzo, affermò ad alta voce che, in
Italia, lo stipendio di un insegnante di liceo, “intorno ai 1.400 euro” , era
“una vergogna”.
E aggiunse che sarebbe stato portato “almeno alla soglia
dignitosa dei 2.000 euro mensili”. Completando, a proposito della “soglia
dignitosa”, con un “credo sia il minimo”. Ovviamente, stipendio mensile netto
più tredicesima mensilità “. Oggi si rinnova il contratto e la ministra della
PA, Marianna Madia, dopo la firma dell’accordo quadro che sblocca la
contrattazione del pubblico impiego afferma: “L’aumento è di 85 euro medi,
abbiamo insistito sul fatto che siano medi” anche per dare “una maggiore
attenzione e un maggiore sostegno ai redditi bassi, a chi ha sofferto di più la
crisi e il blocco contrattuale”.
Ora se lo stipendio di un insegnante di liceo
da 1.400 euro è considerato “una vergogna”, quello
nuovo da 1.485 euro cosa diventa?
Secondo quanto riportato sopra, essendo 1.485 euro inferiore ai 2.000 euro mensili definiti soglia minima
dignitosa, lo stipendio dovrebbe rimanere indegno. Già, uno stipendio indegno di una società che per
uscire dalle secche di una crisi economica senza fine, dovrebbe puntare su
cultura e istruzione di qualità.
Aldo Domenico Ficara