Scioperi continui. Uno scenario improponibile

di Gianfranco Scialpi


Grande stagione di scioperi, manifestazioni, astensione dalle operazioni degli scrutini. Mi riferisco alla firma dello storico contratto 1988-90 ( v. Report) Oggi quello scenario è improponibile.

Il contesto

Parliamo di un periodo ormai consegnato alla storia. Con i suoi 27-29 anni possiamo affermare che ci riferiamo a un momento lontano, non solo nel tempo, ma anche nelle condizioni. Innanzitutto, mi riferisco al contesto culturale. L'istruzione era ancora considerata una risorsa personale e sociale. La scuola era tenuta in giusta considerazione. Il Parlamento, il governo erano a fianco della scuola. Molti suoi esponenti esprimevano una cultura pedagogica, ancora non compromessa dai dettami del finanzcapitalismo ( L. Gallino). Alcuni esempi. Furono emanati per la scuola primaria (allora si chiamava elementare) i Nuovi programmi didattici (D.P.R. 104/85). Ci lavorarono docenti e veri esperti quali C. Pontecorvo, Ida Magli, T. De Mauro, M. Pellerey... Fu avviata una sperimentazione dei nuovi ordinamenti, formalizzati poi  nella legge 148/90 che recepì molte indicazioni di inclusione  contenuti nella L.517/77 ( numero alunni per classe, insegnanti di sostegno, classi aperte). Confermò, inoltre, la legge 820/71 istitutiva il tempo pieno... Nel 1991 furono approvati i nuovi Orientamenti per la scuola dell'infanzia    ...
Dal punto di vista sindacale e della protesta, tutto era molto più facile. Non esisteva ancora la
legge 146/90 che regolamentava il diritto di sciopero, voluta tacitamente dai confederali e chiamata poi "Anti cobas". 

I cambiamenti

Il 1990 fu l'anno di svolta in senso peggiorativo per la scuola. Alla già citata legge antisciopero, occorre aggiungere un evento che rappresentò uno spartiacque politico, sociale e culturale: Tangentopoli. Da qui si crearono le condizioni per la legge Finanziaria di G. Amato ( Dicembre '92) che doveva allontanare il rischio bancarotta per l'Italia. Nel 1993 fu emanato il decreto 29/93  che sostituì gli scatti biennali con quelli settennali, introdusse il criterio della "moderazione salariale" e soprattutto vincolò gli aumenti contrattuali al tasso di inflazione programmata e non più a quella reale. Per finire nel 1995 fu approvata la legge Dini che formalizzò il metodo contributo nella determinazione delle pensioni. Il resto è storia recente o quasi

Le due crisi

Prima di arrivare alle conclusioni occorre evidenziare altri elementi che hanno determinato la "crisi della scuola" e in particolare del valore-istruzione.
Innazitutto la progressiva affermazione della globalizzazione e dell'economia finanziaria che come afferma ripetutamente il filosofo marxiano e gramsciano Diego Fusaro, sta "polverizzando" tutti i diritti sociali ( lavoro, salute, scuola...), lasciando sul campo solo quelli individuali  La tesi del filosofo è confermata anche  da  studiosi  come L. Gallino.
Nel nostro Paese questo scivolamento verso la sponda liberista si è avuta con il "berlusconismo" ( individualismo, il successo facile, l'edonismo, il valore denaro, il disprezzo per le regole sociali) con la complicità di Veltroni ( il partito deve parlare alla società) e di M. D'Alema che hanno preparato la strada al renzismo, e quindi alla definitiva delegittimazione del sindacato. Quest'ultimo si è dimostrato incapace di pensare altrimenti il solito scioperetto, depotenziato dalla legge 146/90, finendo per consolidare uno stato di progressivo impoverimento e marginalizzazione del ceto medio.

Conclusioni

Come ho scritto in premessa, lo scenario del 1997-2000 non è più possibile. Per tutti gli elementi presentati sopra, tra i quali spicca la legge 146/90 che ha fortemente depotenziato il diritto allo sciopero e all'astensione dagli scrutini, e il cambio di percezione del lavoro del pubblico   impiego spesso presentato come "fannullone", "mantenuto"...
Occorre essere realisti, tener conto delle diverse gabbie normative, sociali e  culturali nelle quali ci troviamo. E' necessario  evitare  ogni "chiamata alle armi", che non porterebbe a nulla. E' indispensabile proporre delle soluzioni all'interno della legalità che non sia la "puntura di spillo" dello "scioperetto" di un giorno che fa male solo alle nostre tasche. Ma per fare questo occorre "rompere" quella condizione di solitudine, di separazione nella quale ci troviamo e ben espressa dal detto "Divide et impera". E "conditio sine qua non" dobbiamo essere supportati socialmente da un nuovo sindacato libero e quindi non compromesso.